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Clausole contrattuali e tutela del consumatore


La legge n. 52 del 1996 ha introdotto nel nostro ordinamento delle norme protettive dei consumatori nei rapporti contrattuali con i professionisti.

Ai sensi dell'art. 1469 bis del Codice civile si definisce ""consumatore"" la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta; mentre ""professionista"" è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro delle sua attività di impresa o professionale, utilizza il contratto. Tale rapporto è quello che tipicamente si instaura tra la banca mutuante e il mutuatario per la casa di abitazione.

Sarebbe lunghissimo cercare di rendere conto della evoluzione che, anche grazie ad altri provvedimenti normativi, si è prodotta in Italia con riguardo ai contratti con i consumatori; è comunque constatazione frequente e comune quella degli intervenuti riequilibratori dei contratti o da parte della giurisprudenza, o per effetto di iniziative delle Associazioni per i consumatori. Nonostante ciò, nei contratti bancari sono a volte ancora presenti clausole quantomeno ""in odore"" di abusività, che per svariati motivi non si riescono ancora ad eliminare.

Sotto il profilo della disciplina del rapporto destano forti dubbi di abusività, ad esempio, le clausole:

1) che stabiliscono quale foro competente in via esclusiva, per il caso di controversie, quello della sede della banca e non quello della residenza del consumatore;

2) in forza delle quali gli estratti conto della banca fanno sempre piena prova contro la parte mutuataria;

3) che inibiscono incondizionatamente al mutuatario il diritto di chiedere la cancellazione della garanzia ipotecaria dopo che il mutuo è stato integralmente rimborsato;

4) che vietano in termini assoluti l’accollo del debito derivante dal mutuo;

5) con le quali si inibisce in modo rilevante l’uso dell’immobile cauzionale;

6) che derogano al regime di parziarietà e sussidiarietà previsti in materia di obbligazioni dalla disciplina della comunione legale tra coniugi;

7) che abilitano la banca a risolvere il contratto a fronte del mancato rispetto di obbligazioni troppo generiche, o non particolarmente significative, o non corrispondenti a interessi meritevoli di tutela;

8) che trasferiscono sul mutuatario gli oneri tributari diretti della banca.

Sotto il profilo dell'economia del rapporto, appaiono inoltre abusive le clausole che pretendono di consentire alla banca di modificare unilateralmente e senza giustificato motivo le condizioni economiche del contratto, compreso il tasso di interesse.

E' infatti del tutto evidente che il cliente che contrae un mutuo fa pieno affidamento sul tasso e sulla durata convenuti, da lui accettati in base alle previsioni di reddito che si configura gli consentano un regolare adempimento. Il cliente può (deve) decidere tra un tasso variabile e un tasso fisso: del rischio di questa scelta egli è unico arbitro e pieno responsabile

Non sembra invece compatibile con la natura del contratto, che tali elementi possano essere modificati unilateralmente e discrezionalmente dalla banca, la quale aumenti ad es. l’importo del tasso fisso, o il parametro di riferimento di quello variabile, o i punti di maggiorazione di quest'ultimo (c.d. spread), o costringa il mutuatario, se non vuole aderire a tali modifiche, ad uscire anticipatamente dal rapporto.