La norma di cui articolo 1, comma 4-bis, del Dlgs 346/1990 (il testo unico dell’imposta di donazione) che esonera da tassazione le donazioni indirette “collegate” ad atti soggetti a imposta di registro o a Iva e aventi a oggetto immobili o aziende (è il classico caso dei genitori che pagano l’appartamento acquistato dal figlio) è da qualificare non come norma di «esenzione» dall’imposta di donazione ma come norma di «esclusione» dall’imposta in quanto ha la funzione di delimitare i confini della fattispecie impositiva, esprimendo la scelta del legislatore di individuare quei fatti che siano reale manifestazione della specifica capacità contributiva che la legge vuole incidere con l’applicazione di una determinata imposta.
Lo afferma la Cassazione nella ordinanza 17424/2023, derivando, da questa qualificazione che, trattandosi di una norma che delimita il perimetro impositivo (e non di una norma agevolativa), essa opera, quindi, direttamente senza rendere necessario l’intervento «attivo» del contribuente in quanto è già il legislatore che esclude, appunto, la rilevanza impositiva della fattispecie considerata. Si tratta pertanto di una norma che non riveste carattere di specialità, in quanto opera in modo sistematico nel delimitare l’ambito oggettivo del tributo in coerenza con lo scopo per il quale l’imposizione è stata imposta dal legislatore.
Di conseguenza, quando la norma in questione individua il “collegamento” tra la donazione indiretta e l’attività giuridica compiuta dal donatario come il presupposto per la non applicazione
dell’imposta di donazione, non vi è la necessità (come invece preteso dall’agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento la cui impugnazione ha poi portato la Cassazione ad occuparsi del caso) dell’esplicita richiesta di applicazione del precetto da parte del contribuente, il quale, a tal fine, non può essere considerato onerato del farne espressa dichiarazione nell’atto in cui la donazione indiretta viene enunciata. (... segue)
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Ultima Modifica: 05/06/2025