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BANCHE POPOLARI - Trasformazione in SPA

Le deliberazioni delle assemblee dei soci che hanno deciso la trasformazione in Spa delle banche popolari di maggiori dimensioni rimangono valide.

Infatti, non dovrebbero in alcun modo essere invalidate o invalidabili dall’ordinanza del Consiglio di Stato che ha sollevato pesanti dubbi sulla legittimità della normativa primaria e secondaria in tema di trasformazione forzosa delle banche cooperative in società azionarie.

A parte che l’ordinanza del Consiglio di Stato tecnicamente consiste nella sospensione dell’efficacia di una norma di rango regolamentare, la circolare attuaiva della Banca d’Italia (mentre la preannunciata ordinanza di rimessione alla Consulta ha l’effetto di attivare un giudizio di costituzionalità sulla norma primaria, il dl 3/2015), la trasformazione in Spa delle banche popolari comunque resta, seppur non certo adottata in modo spontaneo, una decisione volontariamente assunta dalle assemblee dei soci delle cooperative e, quindi, si tratta di deliberazioni reversibili solo con l’espletamento di un procedimento assembleare eguale e contrario.

Anche quindi ipotizzando che, in futuro, la Corte costituzionale dichiari illegittima per intero la legislazione che oggi “costringe” alla trasformazione in Spa le banche cooperative di maggiori dimensioni (sotto pena, in caso di inadempimento, di liquidazione coattiva della banca,) questo non potrebbe mai avere l’effetto di porre automaticamente nel nulla tutto ciò che è stato compiuto in ossequio alla normativa in ipotesi illegittima, come invece capiterebbe se la trasformazione forzosa fosse una conseguenza diretta della legge stessa. Tanto meno ciò che è già stato deciso dai soci delle popolari può essere intaccato da una eventuale dichiarazione di incostituzionalità di singoli specifici aspetti della legge in questione o dalla dichiarazione di illegittimità della normativa regolamentare adottata in attuazione della legislazione primaria.

Quello che potrebbe succedere - in teoria - é altro: le popolari che si sono dovute trasformare potrebbero tornare, sei i loro soci lo desiderassero, alle loro origini cooperative, cosa che evidentemente non sarebbe consentita se fosse invece ritenuta legittima la normativa che vieta di esercitare in forma cooperativa l’attività bancaria se quest’ultima abbia oltrepassato determinate dimensioni indicate dalla legge stessa.

Quindi, la popolare che si sia trasformata in Spa potrebbe ritrasformarsi in cooperativa e se due banche popolari si fossero invece fuse, si potrebbe far luogo a una scissione per riportare la situazione allo status quo. Ancora, si potrebbe ipotizzare la formazione (oggi vietata, ma da una norma che il Consiglio di Stato ha fortemente contestato di illegittimità) di società cooperative che assumano il ruolo di holding di società azionarie esercenti l’attività bancaria anteriormente facente capo alle banche popolari.

È chiaro, peraltro, che si tratta di scenari assolutamente teorici perché non solo ci sarebbe da passare il vaglio dell’Autorità di vigilanza - che comunque potrebbe e dovrebbe impedire le operazioni ritenute in contrasto con la stabilità del sistema bancario e con la sana e prudente gestione dell’attività creditizia - ma anche perché le deliberazioni di trasformazione (per non parlare poi di quelle di fusione) determinano uno scenario organizzativo che rende materialmente irreversibile la situazione che si determina in conseguenza delle deliberazioni medesime.

L’ordinanza del Consiglio di Stato che sospende la circolare della Banca d’Italia e, ancor più, l’ordinanza del Consiglio stesso che, tra qualche giorno verrà emanata per investire la Consulta del giudizio di legittimità costituzionale del dl 3/2015, potrebbero invece avere un notevole impatto sulle assemblee delle banche popolari che devono ancora deliberare sulla loro trasformazione.

Non sembra senza fondamento, infatti, l’opinione secondo cui i soci di queste banche - a differenza di chi ha già preso parte alle assemblee finora svoltesi - si trovano al cospetto dell’applicazione di una normativa primaria e secondaria messa sotto forte sospetto di illegittimità da un organo giurisdizionale di indiscutibile autorevolezza. é possbile, quindi, pensare a un rinvio di queste assemblee a un’epoca nella quale i dubbi siano chiariti una volta per tutte dalla Corte costituzionale, che ha l’opportunità di giudicare il tema in questione sotto un amplissimo spettro, e cioè sia sotto il suo profilo pubblicistico (e cioè valutando le eccezioni contenute nel ricorso della Regione Lombardia) sia sotto il profilo privatistico dei soci “costretti” a evolvere da un contesto capitario a un contesto capitalistico.

Ultima Modifica: 03/12/2016

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