Il testamento biologico

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Il testamento biologico

Il termine “testamento” sia nel linguaggio giuridico che nel linguaggio corrente evoca uno strumento preposto a disporre la sorte dei beni del testatore (e cioè di colui che scrive il testamento) dopo la sua morte e quindi si tratta di un’ espressione con una valenza prettamente patrimoniale.

Da alcuni anni, “colorando” la parola “testamento” con altri attributi (ad esempio “testamento biologico” oppure “testamento di vita”, per traduzione dell’inglese living will), si intende invece far invece riferimento alla cosiddetta “dichiarazione anticipata di trattamento”, vale a dire all'espressione della volontà da parte di un dato soggetto specialmente in ordine alle terapie che egli intende o non intende accettare nell'eventualità in cui egli dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle terapie proposte dai medici, e ciò sulla base della considerazione che, secondo l’articolo 32 della Costituzione italiana, nessuno può "essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".

Ovviamente, si tratta di una materia assai “sensibile” sotto il profilo etico, religioso e della deontologia medica. Pare comunque prevalente e accettabile l’opinione secondo cui il testamento biologico è efficace se è formulato per iscritto, se non contiene prescrizioni o raccomandazioni in contraddizione con la legge vigente, con le norme di buona pratica clinica, con la deontologia medica o che pretendano di imporre al medico pratiche per lui inaccettabili, in scienza e coscienza (altro è poi stabilire se in questo perimetro di liceità siano collocabili, o meno, richieste del paziente circa l’ottenimento di interventi eutanasici a suo favore, ciò su cui l’opinione pubblica, come noto, è oggi fortemente divisa).

Per la redazione del testamento biologico non occorre rivolgersi a un notaio né ad alcun altro professionista; ma è certo che l’assistenza di uno specialista è sempre opportuna al fine di avere un valido consiglio sul “come” e sul “se” le finalità del testatore siano effettivamente realizzabili.

L’intervento del notaio, in particolare, può servire a garantire certezza circa la provenienza del testamento da un determinato soggetto, ciò che non è di secondaria importanza quando si tratta di “dar voce” a una persona che, per cause di infortunio o malattia, non ha più la capacità di esprimersi.

Di solito, in un testamento biologico si ha cura di dettare disposizioni sulle seguenti materie:

a) il rifiuto di trattamenti terapeutici che provochino il mero mantenimento in uno stato vegetativo (il cosiddetto “accanimento”) e la richiesta di trattamenti antidolorifici anche se possano rivelarsi nocivi per la salute o la vita del paziente;

b) la richiesta o il rifiuto di assistenza religiosa;

c) la scelta, ove possibile, del luogo di morte (ad esempio, l’espressione del desiderio di morire in casa e non in ospedale);

d) le modalità di svolgimento del funerale (in forma religiosa, in forma civile, eccetera);

e) il consenso o meno alla donazione di organi;

f) le disposizioni sulla eventuale cremazione e sulle modalità di conservazione, o meno, delle ceneri.

Importante è poi la nomina di un medico o di un collegio di medici “di fiducia”, per interloquire con quelli addetti alla struttura sanitaria in cui il testatore venisse ricoverato; nonché la nomina di un fiduciario, cui il testatore affida il “mandato” di curare l’esecuzione delle sue disposizioni nel caso in cui egli diventasse incapace di provvedere a se stesso.

Ultima Modifica: 20/03/2011