La certificazione energetica degli immobili

Providing Best Solutions in a
       framework of Legal Certainty

L’autodichiarazione

Il punto 9 dell’All. A, per immobili di superficie utile inferiore o uguale a 1000 mq, stabilisce che il proprietario “consapevole della scadente qualità energetica dell’immobile”, anziché dotarlo dell’ACE, può ricorrere ad un’autodichiarazione in cui afferma che:

- l’edificio è di classe energetica G;
- i costi per la gestione energetica dell’edificio sono molto alti.

La predetta autodichiarazione costituisce un’alternativa alla dotazione dell’ACE da rendere in sede di trasferimento dell’immobile: ciò si evince dalla formulazione della norma, che ricollega al (solo) proprietario l’emanazione della dichiarazione per “mantenere la garanzia di una corretta informazione all’acquirente”.

La circostanza che il bene possa essere trasferito con l’autodichiarazione in parola, non sposta le conclusioni cui è pervenuto il Consiglio Nazionale del Notariato nello Studio n. 334-2009/C (vedi in Attualità) in ordine all’ammissibilità delle pattuizioni con cui le parti stabiliscono le modalità per assolvere all’obbligo di dotazione.

Resta ferma infatti per le parti, la possibilità di affidarsi ad un soggetto certificatore che attesti nell’ACE lo stato energetico dell’immobile, quando ad esempio in sede di vendita l’alienante non sia in grado di rendere la predetta dichiarazione (perché non conosce se lo stato energetico dell’edificio sia “scadente” nel senso previsto dal D.M. ovvero, non conosca in generale quale sia lo stato energetico del bene). Vi sarà quindi la possibilità di pattuire con l’acquirente che sia quest’ultimo a dover provvedere alla dotazione della certificazione energetica dell’edificio.

Si tratta, in ultima analisi, di due strumenti alternativi – ma diversi – da cui consegue il medesimo risultato (la conoscenza dello stato energetico del bene), in un caso conseguibile necessariamente con l’intervento del venditore, nell’altro con un documento redatto da un tecnico abilitato su incaricato del venditore o del compratore.

Occorre evidenziare che resa la dichiarazione il proprietario è tenuto a trasmetterne copia alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio, entro quindici giorni dalla data del rilascio.

Non sono previste sanzioni per il proprietario in caso di autodichiarazione mendace e nemmeno un sistema di controlli sull’effettiva portata energetica degli edifici dichiarati essere di classe G.

Quanto ai nuovi edifici, infine, pur se scadenti sul piano energetico – il che appare, invero, improbabile – il venditore non avrà la possibilità di rendere la suddetta autodichiarazione e ciò in realtà è coerente con l’osservazione che la disciplina energetica investe l’edificio nuovo fin dalla fase della progettazione.

L’autodichiarazione di cui al punto 9 non sembra che possa annoverarsi tra le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, rese ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 con l’applicazione delle relative sanzioni di cui all’art. 76 del medesimo decreto, per le seguenti ragioni: in primo luogo, manca nel testo dell’allegato un riferimento normativo espresso al DPR 445/2000; in secondo luogo, la ratio che ha mosso il legislatore nelle ipotesi in cui ha imposto l’autodichiarazione ai sensi del DPR 445/2000 – a titolo esemplificativo la dichiarazione resa ai sensi del comma 2 dell’art. 40 della l. 47/1985 (c.d. dichiarazione ante ’67) – risiede nella circostanza che simili autodichiarazioni assumono valore vincolante nella fase di commercializzazione dell’immobile e ciò giustifica il particolare sistema sanzionatorio previsto all’art. 76 DPR 445/2000. La medesima ratio non appare rinvenibile anche nell’autodichiarazione di cui al punto 9 dell’All. A, posto che essa mantiene un valore puramente informativo e non condiziona, così come detto per la dotazione dell’ACE, la commercializzazione dell’immobile e l’efficacia dell’atto traslativo.

Quanto alle modalità con cui il venditore può rilasciare tale dichiarazione in sede di trasferimento del bene, appare possibile che la stessa – in assenza di contrarie disposizioni – possa non essere contenuta nell’atto traslativo.