La comunione "convenzionale"

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La comunione "convenzionale"

Se la comunione legale e la separazione dei beni sono i regimi patrimoniali più frequenti, essi non esauriscono il novero delle possibilità concesse dalla legge per organizzare il proprio matrimonio sotto il profilo patrimoniale. Si può ad esempio ricorrere alla "comunione convenzionale".

Per comunione convenzionale si intende l’adozione di un regime patrimoniale che, avendo come base le regole della comunione legale dei beni, ne deroga taluni aspetti.

Infatti, i coniugi, mediante un atto pubblico notarile, ricevuto alla presenza di due testimoni, possono modificare il regime di comunione dei beni (ferma restando l’intangibilità delle norme non derogabili) sostituendo il regime legale con un regime appunto “convenzionale”: ad esempio, i coniugi possono convenire di mettere in comunione anche le proprietà dai medesimi acquisite prima del matrimonio, che di regola invece non sono soggette al regime di comunione legale.

Va tuttavia precisato che non è possibile immettere nel regime di comunione legale:

1) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

2) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;

3) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa.

I beni appena elencati, infatti, non possono essere sottratti al loro regime di “beni personali” del coniuge che ne è il titolare.

Si è detto sopra che non è nemmeno possibile modificare le norme inderogabili del regime di comunione legale: esse ad esempio sono quelle relative all’amministrazione dei beni comuni (non sarebbe possibile ad esempio derogare alla norma che dispone il consenso congiunto per le decisioni di straordinaria amministrazione) e quelle relative all’uguaglianza delle quote  (non sarebbe possibile disporre che ad un coniuge spetta una quota del 70 per cento dei beni comuni e all’altro coniuge una quota del 30 per cento).

Ultima Modifica: 04/07/2006