Caparre e acconti

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Caparre e acconti

Nella fase anteriore al rogito non solo occorre prestare attenzione all’entità delle somme che si sborsano (che va limitata il più possibile) ma anche alla “qualificazione” delle somme stesse: da come queste somme sono infatti “denominate” deriva infatti un differente trattamento in caso di “crisi” contrattuale.

Normalmente, il primo pagamento che si effettua viene denominato “caparra confirmatoria”: con questa qualificazione si ottiene il risultato che, se chi riceve la caparra si rende inadempiente rispetto agli obblighi assunti nel contratto preliminare, egli deve restituire alla controparte (che intenda sciogliersi dal contratto) il doppio della caparra ricevuta; se invece si renda inadempiente chi ha dato la caparra, la controparte può recedere dal contratto e trattenersi quanto ricevuto. Questi effetti (il potere di sciogliere il contratto, di trattenere la caparra ricevuta, di pretendere il doppio di quella data) non si hanno se invece il pagamento effettuato è stato qualificato come “acconto”.
Dalla caparra “confirmatoria” va tenuta distinta la caparra “penitenziale” che è invece la somma di cui viene convenuto il pagamento da parte del soggetto che nel contratto preliminare abbia conseguito la possibilità di sciogliersi dal contratto stesso (indipendentemente dall’altrui inadempimento).

Nella normalità dei casi si usa pattuire il pagamento di una caparra confirmatoria all’atto del compromesso (non superiore al 20 per cento del prezzo complessivo) e il pagamento del saldo al rogito, momento nel quale avviene la consegna delle chiavi.
Se si intendono pattuire pagamenti ante rogito ulteriori rispetto alla iniziale caparra oppure il pagamento di una caparra di importo elevato, è consigliabile garantirsi opportunamente (o con la trascrizione del contratto preliminare o mediante una fideiussione bancaria) per la loro restituzione in caso di “crisi” del rapporto contrattuale.

I pagamenti non possono essere effettuati in contanti, se superano i 12mila 500 euro; quanto al pagamento con assegni, se in sede di compromesso si può tranquillamente ricorrere agli assegni bancari, è assai consigliabile che invece, in sede di rogito, si ricorra all’assegno circolare.

Al saldo del prezzo si può provvedere anche mediante accollo del mutuo che eventualmente il venditore abbia ancora in corso di ammortamento: se le condizioni economiche di quel mutuo siano ritenute in linea con quelle attualmente vigenti sul mercato, allora invece di sostenere i costi di apertura di una nuova pratica, è meglio approfittare di quella già stipulata a nome del venditore.

A proposito della consegna del bene, è invece facoltà dell’acquirente non saldare interamente il prezzo di vendita nell’ ipotesi in cui il rilascio dell’immobile da parte del venditore non avvenga. Rientra, nel più ampio ambito degli accordi tra le parti, scegliere una delle molteplici soluzioni possibili: pagamento integrale senza consegna, con concessione quindi al venditore di un termine ultimo per il rilascio dell’immobile; previsione di una penale; pagamento del saldo prezzo solo alla consegna: in tale ultimo caso sarà, però,  necessario dopo il contratto di compravendita, un ulteriore atto, cosiddetto di quietanza, con il quale il venditore, consegnando l’immobile e ricevendo il saldo prezzo dell’acquirente, rilascia a quest’ultimo ricevuta liberatoria del pagamento del prezzo di vendita.

Ultima Modifica: 01/05/2007